Biografia
Biagio Vellano è stato da sempre un artista, con la sensibilità, la fragilità, le intolleranze e i dubbi che si accompagnano a questa vocazione, ma con una determinazione a cui non è mai venuto meno. Voleva essere un artista libero dalla schiavitù di dover vendere per non perdere quella purezza che solo la libertà consente.Una scelta così si paga con l’isolamento, con la mancanza di notorietà, di critiche o di consensi, oltre che di riscontro economico.
Malgrado questo la passione che lo animava non è mai venuta meno e il suo innato talento lo ha portato a spendere l’intera vita per l’arte.Aveva iniziato, da molto giovane, con i disegni, le tempere, gli acrilici per dedicarsi poi, verso la fine degli anni ’80, a opere materiche, dapprima piccoli quadri poi con opere di sempre più grandi dimensioni, molto impegnative non solo artisticamente ma anche fisicamente.
Completamente immerso nel suo lavoro ha respirato a lungo i fumi tossici emessi dalla fusione dei vari materiali di cui faceva uso pagando un alto prezzo in termini di salute.Biagio è mancato nel 2008: avendo ora la completa disponibilità dei suoi lavori posso proporli al giudizio del pubblico e della critica.
Anni ’80. Passeggiando nei boschi di Brusson, osservando i ceppi degli abeti tagliati da tempo, Biagio si era incuriosito del viavai di grosse formiche rosse e aveva iniziato ad aprire alcuni di quei ceppi scoprendo un mondo affascinante fatto di caverne e cunicoli, un pizzo, un traforo leggero, fragilissimo, che si sgretolava appena lo sfioravi. Lo si poteva solo guardare. Si fece allora strada l’idea di usare qualcosa di più resistente di quei fragili legni e di trasformarlo in forme simili a quelle create dalle formiche.
L’idea prese corpo ed iniziò la ricerca dei materiali più disparati: legni, plastiche, ferri, cartoni, che, pazientemente raccolti e portati a casa, invasero cortile e magazzino senza che, inizialmente, Biagio ne facesse uso. Poi, lentamente, il lavoro prese il via, con risultati dapprima non entusiasmanti ( molte le opere distrutte ), ma, a poco a poco, il mondo fantastico e incredibile del bosco e del sottobosco prendeva corpo.
Grazie all’uso della fiamma ossidrica, plastiche, gomme, ferri e tutti gli altri materiali, pazientemente raccolti, si trasformavano in qualcosa di inaspettato. Biagio usava tondini di ferro per aiutarsi a rimodellare i materiali deformati dal calore e resi, in questo modo, morbidi e malleabili.
I quadri materici, quasi sculture-quadro, sono nati così: un insieme di resti abbandonati, di scarti tenuti insieme dal vinavil su tavole di truciolato e, alla fine dell’assemblaggio, trasformati con il fuoco.
Stendere una mano di terre colorate era solo il tocco finale.
Per Biagio è stato l’inizio di un percorso lungo, difficile, molto faticoso e, per via dei fumi nocivi inalati durante queste trasformazioni, distruttivo per la sua salute.
Tornando con la memoria a quei tempi e mentre guardo i suoi quadri, solo ora mi rendo davvero conto di quanta fatica, e di certo non solo fisica, siano costati.Un’ impegno e una volontà straordinari, ma anche sensibilità, bravura e talento nel ricreare quel mondo che tanto lo aveva incuriosito e incantato.

“L’ autostima è indispensabile. La ricerca, il silenzio, la solitudine, la fatica, lo sconforto e le delusioni sono qui risarciti dalla libertà. “
“Per anni ho Lasciato che il mio sguardo scivolasse lungo muri, cortecce, selciati scoprendo meraviglie in cumuli di iintuizioni. Lì sono nate le mie intuizioni e anche le mie foto astratte.“

